martedì 1 dicembre 2009

Italia – Samoa vista “quasi” da dietro le quinte

Vi confesso una cosa, tutto ciò che fino a ieri mi era sembrato naturale e semplice oggi, the day after, forse per tutti i complimenti ricevuti da amici e conoscenti, appassionati di rugby e non, giovani e meno giovani, o forse condizionato dall’enorme, e probabilmente giusto, rilievo che i giornali locali ne danno nei loro articoli, ripeto tutto mi appare così importante da farmi chiedere: ma come cacchio abbiamo fatto? E ripercorrendo con il pensiero le ultime settimane, il test-match di Milano e poi quello di Udine e, probabilmente non erano ancora rientrati i giocatori negli spogliatoi del Friuli, sento il cellulare di Giancarlo Oresti cominciare a squillare in continuazione tante sono le telefonate che i vari responsabili RCS gli fanno per chiedere questo o raccomandarsi su quella cosa importantissima.
E allora ha capito, per tutti questi mesi mi sono crogiolato all’idea di essere stato uno degli artefici di questa bellissima giornata per il solo fatto di aver pensato, un anno e mezzo fa, che anche una piccola società come la nostra poteva aspirare a ospitare la Nazionale, come se il solo fatto di aver tirato un sasso in uno stagno significasse aver costruito qualcosa. Poi vedo Giancarlo al lavoro, il telefonino in una mano, pare sia arrivato a usare quattro o cinque batterie al giorno, e nell’altra carte, appunti e ancora carte, lo sento chiedere come fare una cosa o cercare chi si può precipitare in tale luogo per preparare o fare o prendere una certa cosa. Lo sento rispondere su dieci argomenti, dal tale arbitro che dopo la partita deve essere accompagnato subito in aeroporto ai biglietti che sembrano non bastare per tutti, lo aspetto per ore, con tutti gli altri, perché dobbiamo, nostro malgrado, pensare anche al nostro quotidiano e ai compiti che molti di noi saranno chiamati a svolgere, e lo vedo affrontare tutto questo con una calma inusitata e un po’ fuori dal nostro tempo. Insomma, per concludere, se vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare il primo artefice della buona riuscita di questo miracolo è Giancarlo Oresti, ed è a lui che in questa strepitosa occasione dobbiamo rivolgere la nostra gratitudine.

P.S. - Ho passato la giornata a riflettere su quello che abbiamo combinato qui ad Ascoli con la Nazionale e alla fine ho capito che il lavoro non è finito, siamo all’inizio di una avventura che ha bisogno, per essere ripetuta e non rimanere un episodio singolo e fortunato, di tutti. Tutti insieme, magari più che in questa occasione, si deve lavorare per avere eventi del genere nella nostra regione. Noi siamo già al lavoro per il prossimo, vi posso solo anticipare che non è paragonabile a questo appena concluso ma è molto interessante, però siamo pronti a dare una mano a chiunque abbia intenzione di cimentarsi in qualcosa. Niente scuse e niente tergiversamenti, se vogliamo che le Marche diventino un pezzo importante del pianeta rugby italiano gli eventi sono il grimaldello ideale.

Franco Amabilli

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